Durante la seconda sessione della “Falls, Frailty, Polypharmacy and Sarcopenia Conference” tenutasi a Dublino il 1 febbraio, è stato discusso anche il tema della polifarmaco-terapia, elemento ricorrente nella pratica clinica geriatrica. L’invecchiamento della popolazione ha portato infatti ad un aumento del burden di comorbidità, per cui sempre più spesso multiple patologie coesistono nello stesso paziente e richiedono ciascuna uno specifico trattamento. Questo ha determinato un aumento esponenziale del numero di farmaci che il paziente deve assumere quotidianamente, con un conseguente aumento anche del rischio di interazioni e di reazioni avverse farmaco-correlate.
In questo contesto, l’attenzione del medico è spesso rivolta al trattamento delle singole patologie piuttosto che al paziente multimorboso inteso come unicum. D’altra parte, sono molte le linee guida a cui fare riferimento per le singole patologie, mentre non esistono ad oggi linee guida che indirizzino il clinico nella gestione dei pazienti con multiple comorbidità. Ecco perché il trattamento di questi pazienti e la polifarmaco-terapia rappresentano spesso una sfida per il medico geriatra.
Non esiste una definizione univoca di polifarmaco-terapia, che viene generalmente definita come l’assunzione di un numero superiore a 4 farmaci o l’assunzione di più di 1 farmaco per il trattamento di ogni singola patologia. In ogni caso, la definizione di polifarmaco-terapia non dovrebbe presentare “per sé” un’accezione negativa, ma dovrebbe essere considerata in modo positivo, come l’opportunità di fornire al paziente un trattamento appropriato e completo. Lo scopo del medico quindi non deve essere quello di eliminare la polifarmaco-terapia in generale, ma piuttosto quello di perseguire il raggiungimento di una polifarmaco-terapia appropriata, là dove questa sia indicata. Una polifarmaco-terapia è appropriata quando rappresenta il giusto equilibrio tra tanti farmaci (necessari) e troppi farmaci (“a balance between many medications and too many medications”).
Ci sono tre principali condizioni che rendono la polifarmaco-terapia non appropriata, ovvero:
- “Under-prescribing”, quando la terapia del paziente non include un farmaco che sarebbe invece indicato
- “Over-prescribing”, quando la terapia include un farmaco non indicato o quando il paziente prosegue l’assunzione di un farmaco oltre il periodo di trattamento previsto (per es. il proseguimento di una doppia antiaggregazione o di una terapia antibiotica oltre il periodo di trattamento necessario)
- “Mis-prescribing”, quando nel contesto di una specifica indicazione, la scelta del singolo farmaco ricade su un principio attivo o su una classe di farmaci sfavorevole per il paziente (per es. il diuretico dell’ansa per il trattamento dell’ipertensione nell’anziano)
Quali strategie possono essere di aiuto per ottimizzare la polifarmaco-terapia e renderla quindi appropriata? Il primo step consiste nell’identificare gli obiettivi del trattamento nel singolo paziente e cercare di soddisfare ognuno di questi con la scelta del farmaco più adeguato. Inoltre, può essere utile discutere con gli specialisti i trattamenti specifici per le singole patologie, per es. lo scompenso cardiaco o l’insufficienza renale. Il processo che conduce ad un’appropriata polifarmaco-terapia include inoltre il “de-prescribing”, ovvero la sospensione dei farmaci non necessari. Il de-prescribing richiede che la terapia domiciliare venga periodicamente rivalutata, verificando la presenza di una reale indicazione per tutti i farmaci che il paziente sta assumendo (in particolare anticoagulanti e/o antiaggreganti, diuretici, etc …) e i target del trattamento (per es. valori pressori nel paziente iperteso, valori glicemici nel paziente diabetico, etc …). Infine, la periodica rivalutazione della terapia dovrà essere volta anche ad individuare l’eventuale comparsa di reazioni avverse o di interazioni farmacologiche, la cui probabilità aumenta con l’aumentare del numero dei farmaci. Il “de-prescribing”, spesso trascurato o sottovalutato, può costituire una vera e propria strategia di prevenzione e/o trattamento e il paziente con storia di sincope o cadute ne è l’esempio. Infatti, in questi pazienti è fondamentale e necessario rivalutare la terapia domiciliare, ponendo attenzione soprattutto ai farmaci ad azione ipotensivante e a quelli attivi sul sistema nervoso centrale, che possono agire come fattore scatenante o favorente le sincopi e le cadute. Quando non indicati o sovradosati, il “de-prescribing” di questi farmaci rappresenta quindi l’intervento più efficace per il trattamento e la prevenzione delle recidive.
Uno strumento utile per guidare il clinico nell’ottimizzazione della polifarmaco-terapia è rappresentato dai criteri STOPP (Screening Tool of Older Persons’ Prescriptions) e START (Screening Tool to Alert to Right Treatment), che forniscono indicazioni molto chiare in merito all’appropriatezza prescrittiva nel paziente anziano. I criteri STOPP indicano una serie di combinazioni inappropriate di farmaci e/o comorbidità, mentre i criteri START indicano trattamenti che sono raccomandati per determinate condizioni. I criteri STOPP/START, proposti per la prima volta nel 2008 e poi aggiornati nel 2014, sembrano avere un impatto significativo anche sugli outcome del paziente. Infatti, è stato dimostrato che l’impiego dei criteri STOPP/START entro 72h dal ricovero riduce il rischio di eventi avversi farmaco-correlati e la durata dell’ospedalizzazione nel paziente anziano ricoverato per patologia acuta.
Bibliografia
Solari D, Tesi F, Unterhuber M, et al. Stop vasodepressor drugs in reflex syncope: a randomised controlled trial. Heart. 2017 Mar;103(6):449-455.
Gallagher P, Ryan C, Byrne S, et al. STOPP (Screening Tool of Older Person’s Prescriptions) and START (Screening Tool to Alert doctors to Right Treatment). Consensus validation. Int J Clin Pharmacol Ther. 2008 Feb;46(2):72-83.
O’Mahony D, O’Sullivan D, Byrne S, et al. STOPP/START criteria for potentially inappropriate prescribing in older people: version 2. Age Ageing. 2014;44(2):213-8.